Da qualche giorno è disponibile on-line la classifica BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands 2011, che mette in fila in base al puro valore pecuniario i più importanti marchi del mondo. A sorpresa, o forse no, nelle prime 20 posizioni troviamo molti brand del mondo hi-tech, gran parte dei quali non producono nulla se non software o servizi. E questo dato, già di per sè, dovrebbe stimolare una riflessione sul possibile ritorno di un bolla di new economy 2.0.
Tralasciando l’aspetto prettamente economico e finanziario e guardando con occhio critico alla classifica, si può cogliere un altro interessante elemento di riflessione: conta più l’innovazione tecnologica reale o il carisma del marchio? Ai primi tre posti troviamo tre aziende estremamente diverse tra loro: Apple che con un +84% del proprio valore conquista la prima posizione, Google che con una lieve flessione finisce al secondo posto e il vecchio gigante IBM; per non parlare di altre inseguitrici come Microsoft, At&T, Amazon e HP. Un panorama variegato che mixa aspetti tra loro spesso contrastanti.
Apple, mamma delle piattaforme più chiuse e conosciute nel mondo IT è al contempo emblema della creatività, dello stile e della libertà di espressione; rivelandosi però molto spesso “un’innovatrice di ritorno” in quanto tende più a studiare ciò che fanno gli altri, perfezionando e rendendo tutto più user-friendly, grazie soprattutto ad un attento sviluppo software o di design, che a creare prodotti da zero totalmente innovativi. Anche se non si può negare che iPhone e iPad abbiano in gran parte contribuito a cambiare il nostro modo di vivere connessi ad Internet h24. Ma che peso ha avuto in ciò la reale innovazione tecnica, rispetto alla creazione di uno status symbol seducente e ossessivo? Ci troviamo di fronte al fascino che crea valore, oppure, la reale innovazione oggi è riuscire a rendere tutto molto più semplice e utilizzabile per un numero sempre crescente di persone?
Passiamo a big G, a quel maxi garage di geniacci che è Google. Cosa sarebbe stato oggi il web senza quella pagina bianca con un logo in multicolor al centro, capace di rispondere ad ogni nostra domanda? E noi come faremmo non potendo avere tutta la posta on-line sempre raggiungibile, un calendario per gli impegni… Per non parlare del contrasto al monopolio di Microsoft che Google ha messo in campo approdando con Android sui dispositivi mobile e ancora prima supportando la diffusione e lo sviluppo di Mozilla e di Firefox. Certo, non possiamo dimenticare i flop del 2010, che giustificano la lieve flessione in classifica, ma quanta tecnologia ha realmente sviluppato Google rispetto ad Apple? Quanto ha radicalmente cambiato e continua ogni giorno a modificare il nostro stile di vita e di fruire le informazioni, in una società in cui tutto ormai è comunicazione e incontro tra domanda e offerta di informazioni?
E se tiriamo in ballo IBM che dire… hanno letteralmente inventato il personal computer, con buona pace di zio Steve. Hanno laboratori impegnati a studiare i più svariati settori ed ogni “invenzione” brevettata migliora o cambia la vita di milioni di persone ogni giorno. Parliamo di bio-processori fatti di materia organica, di sistemi di raffreddamento avanzatissimi, passando per lo sviluppo di software che gestiscono i server di mezzo mondo per finire con quelli che guidano molte delle macchine mediche che ci aiutano a superare le malattie. IBM è ovunque se andiamo a guardare bene, con i suoi progetti, con i suoi algoritmi muove molto di quello che ci sta intorno. Può un marchio che fa tutto ciò essere considerato poco creativo? Può un marchio che investe 6 miliardi di dollari all’anno in ricerca ed innovazione, avere meno valore di chi alla fine fa semplicemente telefoni e PC più “fighi”?
Insomma, siamo davvero sicuri che il valore sia frutto di qualcosa di concreto; oppure, oggi nella società dell’immagine conta qualcos’altro?
Spero quest’analisi, sicuramente discutibile, alimenti una bella discussione che porti magari a comprendere, non se sia nato prima l’uovo o la gallina, ma se dare troppo valore allo stile, anziché alla sostanza, può falsare e danneggiare il modo in cui noi tutti percepiamo le cose e viviamo quotidianamente.
E teniamoci pronti, l’anno prossimo saremo qui a parlare di Facebook, balzato al primo posto o sicuramente al centro della top ten, visto che già quest’anno è al 35esimo posto con un +246%, il tutto grazie solo e soltanto ad ognuno di noi, ai nostri click, ai nostri gusti e alle nostre foto… Perché alla fine oggi più che mai il vero valore siamo noi, un po’ utenti un po’ clienti, troppo spesso innamorati col prosciutto sugli occhi.
fonte: pctuner.net
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